Misure a sostegno del reddito: la NASpI


A chi spetta e come funziona l’indennità di disoccupazione

La NaspI è la misura a sostegno del reddito che dal 1° maggio 2015 ha sostituito le precedenti prestazioni di disoccupazione (ASpI e MiniASpI).

L’indennità spetta, a determinate condizioni, ai lavoratori subordinati che abbiano perduto l’occupazione per cause indipendenti dalla propria volontà.

 

Sono compresi tra questi gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato e i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Al contrario, non hanno diritto alla prestazione i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, gli operai agricoli, i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, i lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento e coloro che siano titolari di un assegno di invalidità.

Condizione essenziale per percepire l’indennità è lo stato di disoccupazione derivante dalla perdita involontaria del posto di lavoro.

 

Essa, pertanto, non spetta nel caso di dimissioni del lavoratore (fanno eccezione le dimissioni della lavoratrice madre entro l’anno di età del bambino e quelle per giusta causa) ma solo nelle ipotesi di licenziamento.

Sono inoltre richiesti un requisito contributivo, pari a tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione e un requisito lavorativo, che consiste in trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio della disoccupazione.

I trenta giorni si intendono di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria.

 

L’arco dei dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito è ampliato da alcune situazioni quali: congedo obbligatorio di maternità, congedo parentale, malattia e infortunio, congedi e permessi per assistenza a soggetto con handicap, cassa integrazione ordinaria o straordinaria con sospensione dell’attività.

L’indennità NASpI viene erogata mensilmente per un periodo che corrisponde alla metà delle settimane contributive relative agli ultimi quattro anni, fino ad un massimo di 24 mesi.

 

È possibile, però, chiederne la liquidazione anticipata in un’unica soluzione qualora si intenda avviare un’attività autonoma.

A seconda di quando viene presentata la domanda, l’importo spetta a partire da un termine differente, in particolare:

– dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto, se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno dalla cessazione;

– dal giorno successivo alla presentazione della domanda, se questa è presentata dopo l’ottavo giorno;

– dal trentottesimo giorno successivo al licenziamento per giusta causa, se la domanda viene presentata entro il trentottesimo giorno dalla cessazione;

– sempre in caso di licenziamento per giusta causa, dal giorno successivo alla presentazione della domanda, se questa è presentata dopo il trentottesimo giorno;

– dall’ottavo giorno successivo al termine del periodo di malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità o preavviso, se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno; dal giorno successivo alla presentazione della domanda, se presentata oltre il termine di otto giorni.

In ogni caso, è bene ricordare che la domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

 

Quanto all’importo corrisposto, occorre calcolare innanzitutto la retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, in questo modo: somma delle retribuzioni imponibili ricevute negli ultimi quattro anni diviso il numero di settimane contributive; l’importo così ottenuto andrà moltiplicato per il coefficiente numerico 4,33.

Se il valore della retribuzione è inferiore all’importo di riferimento stabilito per legge rivalutato annualmente in base all’indice ISTAT e pubblicato ogni anno dall’INSP (per il 2019 è pari a Euro 1.221,44), la misura dell’indennità è pari al 75% della suddetta retribuzione.

Nel caso in cui la retribuzione media sia superiore rispetto all’importo di riferimento, la misura della prestazione è pari al 75% della retribuzione di riferimento più il 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e quella fissata per legge, fino ad un limite massimo anch’esso individuato annualmente e pari, per il 2019, a 1.328,76 euro.

A partire dal quarto mese di fruizione, l’indennità diminuisce del 3% ogni mese.

 

La prestazione può, inoltre, essere ridotta oppure sospesa in determinate situazioni.

La riduzione opera nelle ipotesi di svolgimento di attività lavorativa autonoma o subordinata, che non superi determinati livelli di reddito, tali da consentire il mantenimento dello stato di disoccupazione.

In questi casi, lavoratore ha l’obbligo di comunicare all’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività lavorativa il reddito derivante dalla stessa e l’indennità viene ridotta di un importo pari all’80% dei redditi presunti.

La sospensione, invece, riguarda il caso in cui il soggetto interessato trovi un nuovo posto di lavoro subordinato a tempo determinato e per una durata non superiore a sei mesi: in questo periodo l’indennità viene quindi sospesa e ricomincerà ad essere erogata al termine del contratto per il periodo residuo spettante.

Da ultimo, dobbiamo ricordare che la legge prevede anche delle ipotesi di decadenza dal diritto alla prestazione, che si verifica ad esempio quando il lavoratore perde lo stato di disoccupazione per mancanza dei requisiti, quando non partecipa alle iniziative dei centri per l’impiego o rifiuta un lavoro in linea con le proprie caratteristiche professionali o, ancora, quando omette di effettuare all’INPS le comunicazioni relative ai casi di riduzione dell’indennità.

 

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